Storia economica d'Italia

La storia economica d'Italia presenta i cambiamenti economici e sociali e le politiche economiche in Italia dall'Unità (1861) fino al presente.

Produzione di una turbina, Milano, 1966. L'espansione dell'industria meccanica è stata uno degli assi portanti della crescita italiana durante gli anni del miracolo economico italiano.

L'Italia appena unificata era un paese povero, con poche infrastrutture industriali e civili e condizioni sociali già piuttosto diverse tra le sue regioni. Durante i primi trent'anni del Regno, mentre l'Europa si avviò alla seconda rivoluzione industriale, l'Italia costruì le infrastrutture fisiche fondamentali e sviluppò e unificò le istituzioni nazionali. Solo dalla fine del secolo, durante la cosiddetta età giolittiana (1899-1914), ci fu una crescita decisa ed un primo vero decollo industriale.

La prima guerra mondiale produsse un forte indebitamento, generò un'inflazione elevata e indebolì la valuta. Il dopoguerra vide una ripresa relativamente rapida, ma anche grandi tensioni sociali. Il governo fascista (1922-1943) dopo la svolta politica dittatoriale del 1925, promosse una forte rivalutazione della lira, che causò un riorientamento delle produzioni industriali, assieme a una grave deflazione e recessione. Nel 1929 le conseguenze della crisi di Wall Street travolsero il paese. Il governo salvò il sistema finanziario e portò gran parte dell'economia in mano allo Stato; accentuò il protezionismo, portandolo poi fino alla politica di autarchia. Queste scelte di politica economica produssero una crescita molto bassa per tutti gli anni 1930, molto inferiore a quella delle principali economie occidentali.

Il conflitto mondiale (1940-1945) costò all'Italia numerosissime vittime, immense distruzioni di infrastrutture civili, e un dilaniamento politico e sociale. La ricostruzione fu molto rapida e debito ed inflazione vennero messi sotto controllo in pochissimi anni. Fino alla metà degli anni 1960 la crescita rimase molto sostenuta, grazie a molti fattori positivi, politici, economici e sociali, sia nazionali, sia internazionali. Questo cosiddetto miracolo economico italiano fece recuperare il ritardo storico rispetto alle economie più avanzate e ridusse anche le differenze di reddito nella popolazione e il divario regionale tra nord e sud.

Dalla metà degli anni 1960, l'Italia arrivò alla piena occupazione e la crescita non poteva essere più sostenuta da manodopera a basso prezzo e tecnologie importate, come era accaduto fino ad allora. Dalla fine degli anni 1980, una nuova potente ondata di globalizzazione vide i paesi asiatici emergere sulla scena economica mondiale, i mercati internazionali divenire sempre più aperti, e tecnologie e la mobilità internazionale dei capitali ancor più diffuse. Molti settori economici si organizzarono tramite estese filiere produttive globali, generando in Italia come altrove forti tensioni politiche e sociali. In risposta, il sistema politico italiano promosse riforme sociali e aumentò la spesa pubblica.

Il tasso di crescita rimase sostenuto fino alla metà degli anni 1990, quando l’Italia raggiunse lo stesso livello di PIL per abitante delle maggiori economie europee. All'inizio degli anni 1990 l'Italia visse profondi cambiamenti politici, mentre l'Europa rafforzava la propria integrazione e avviava la preparazione dell'unione monetaria. La fase di crescita degli anni 1980-1995 si rivelò alimentata da una eccessiva spesa pubblica e scarsa tassazione. Il paese accumulò un debito imponente e non riuscì a correggere efficacemente le proprie debolezze di fondo: la grande diffusione di corruzione e criminalità organizzata, il rallentamento del sud, e la perdita di produttività dei settori economici trainanti.

Dagli anni 1990 la crescita italiana è stata molto fragile e limitata. Fino ad allora,come tante economie arretrate in fase di espansione, l'Italia aveva usato ripetute svalutazioni per guadagnare competitività. Superata quella fase, sostenere la competitività richiedeva di sviluppare il capitale umano (istruzione e ricerca), favorire l’innovazione tecnologica, la coesione e fiducia sociali, la capacità di interagire con un mondo sempre più interconnesso e di adattarsi agilmente ai cambiamenti globali. Le riforme italiane in queste direzioni non hanno sempre tenuto il passo rispetto ad altre economie avanzate.

Nel 2008-2009 una crisi finanziaria globale scatenò una grande recessione che durò fino al 2014, aumentando la fragilità generale del paese; le divergenze fra settori dell'economia che hanno saputo crescere, innovare e competere ed altri che sono entrati in declino; e le differenze fra nord e sud. Il reddito medio per abitante italiano, che nel 1995 aveva raggiunto il 70% di quello statunitense, nel 2019 ne è diventato il 50%: è stata così annullata la convergenza con la maggiore economia mondiale, che era stata guadagnata durante la rincorsa degli anni 1950-1980.


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